Valeria Bilello: «Dopo Sense8, Abatantuono e Battisti, ora il mio obiettivo è la regia» (2024)

Alzi la mano chi, tra gli adolescenti cresciuti a cavallo tra secondo e terzo millennio, negli anni d'oro di MTV Italia, quando la parola “influencer” veniva applicata in ben altri contesti, gli youtuber non esistevano, e a fare tendenza erano i VJ del tubo catodico al timone di programmi come Hitlist Italia, Dancfloor Chart, MTV Select, non si è preso una sbandata per Valeria Bilello.

Oggi, questa precoce e affascinante teenager della porta accanto, figlia degli anni Ottanta e introdotta al mondo dello spettacolo giovanissima, e un po' per caso, è cresciuta e ne ha fatta di strada. Dopo aver dimostrato di saper calcare con disinvoltura le scene della tv, della moda e anche del cinema, in veste di regista, con tanto di diploma alla Scuola Civica di Milano, Valeria sembra aver trovato la sua dimensione ideale nella recitazione, che sta portando avanti con ottimi risultati da ormai una decina d'anni.

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Valeria Bilello nel 2008

Svezzata da due autorevoli rappresentanti del cinema italiano come il decano Pupi Avati (Il papà di Giovanna) e il premio Oscar Gabriele Salvatores (Happy Family), in questi ultimi anni ha alternato partecipazioni egregie a film commerciali (tra cui I soliti idioti) a progetti più impegnati e indipendenti (Miele della Golino, Monitor di Alessio Lauria o la miniserie di Rai1 Il sistema).

Un po' alla volta sono arrivati anche riconoscimenti come il Premio L'Oréal Paris, e c'è perfino chi l'ha notata all'estero, come il regista del Diavolo veste Prada David Frankel, che l'ha voluta nel film sulla vita del cantante britannico Paul Potts Once Chance – L'opera della mia vita. Non solo. L'hanno voluta pure le sorelle Wachowski (Matrix) che, nella serie distribuita da Netflix Sense8, l'hanno trasformata in una femme fatale dalla bellezza mozzafiato.

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Nel frattempo Valeria, che, nonostante il successo, non ha perso un briciolo della simpatia e spontaneità con cui si era fatta amare ai tempi delle emittenti musicali, continua a recitare senza sosta. A gennaio l'abbiamo vista, nuovamente al fianco di Diego Abatantuono, in Compromessi sposi. A questa commedia diretta da Francesco Micciché è seguito Un'avventura, il musical di Marco Danieli ispirato alle canzoni di Lucio Battisti e Mogol. Da poco, invece, si è conclusa la serie di Canale 5 Lontano da te di cui ha fatto parte.

Direi che il 2019 sta andando alla grande. C'è dell'altro che bolle in pentola per caso?

Ho da poco concluso le riprese di un film inglese con l'attore James D'Arcy alla regia. Per il momento si intitola Made in Italy, ma è ancora tutto abbastanza top secret.

Dicci allora di Un'avventura, il film ispirato alle canzoni di Mogol e Battisti.

È successo tutto molto velocemente. Era da un po' che cercavano chi interpretasse Linda, che poi è la famosa Linda che balla della canzone. Nel film è il personaggio che completa il triangolo amoroso, la ragazza di cui a un certo punto si innamora il protagonista interpretato da Michele Riondino, mettendo in discussione tutto della sua vita, inclusa la sua storia d'amore con la bellissima Francesca, ovvero Laura Chiatti. Ho conosciuto Marco Danieli, il regista, la scorsa estate e di lì a poco abbiamo iniziato le riprese.

Visto il tuo background musicale, trovi che Lucio Battisti, che è sempre stato un po' trascurato dal cinema, sia ancora attuale?

Assolutamente sì. Attuale e d'avanguardia. E lo sarà anche tra 25 anni. Certi giri, certe note e combinazioni erano e sono ancora imprevedibili. E sì che nel suo essere una figura iconica, è anche un fantasma. In rete si trova poco. Su iTunes non c'è nulla. Quindi Un'avventura è un buon modo per riascoltarlo e per conoscere meglio il suo lavoro. Tra l'altro, nel film, sono state inserite sia canzoni strafamose, ma anche brani meno noti.

E Compromessi sposi? Che tipo di esperienza è stata?

Compromessi sposi è una commedia romantica con una trama scespiriana. Oltre ai due giovani innamorati che non riescono a sposarsi perché le rispettive famiglie si oppongono, c'è anche la bromance tra Salemme e Abatantuono. È un film sulle differenze sociali politiche, culturali e territoriali tra l'Italia del nord e quella del sud.

Tu stessa sei milanese, ma sei nata a Sciacca. Giusto?

Esatto. Sono arrivata a Milano che ero molto piccola, tant'è che le scuole elementari, come tutto il resto, le ho fatte a Milano. Sono milanese di fatto, ma dentro mi sento profondamente siciliana. Infatti mi sono sempre divisa tra Milano e la Sicilia, e ho tanti ricordi e tanta formazione siciliana.

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Al mondo dello spettacolo ti ci sei avvicinata per caso o era un tuo sogno fin da bambina?

In realtà ho iniziato prestissimo perché in famiglia c'era un fotografo. Grazie alle foto che mi scattò sono entrata in un'agenzia di moda. Da lì sono arrivate MTV e le tv musicali. Poi mi sono fermata, ho studiato regia, sono tornata in tv con Nonsolomoda e mi sono fermata ancora, finché non ho fatto Happy Family con Salvatores. Da quel film a oggi sono passati dieci anni in cui mi sono dedicata alla recitazione. Però le cose sono un po' venute da sé. Quando sei così giovane, un po' le vuoi e un po' le desideri però le temi anche perché non sai come gestirle e a volte non sai dire di no.

Hai mai detto di no?

Parecchie volte! Per timidezza o per paura. Soprattutto in televisione. Sentivo che al di fuori delle emittenti musicali sarebbe stato un massacro. O non mi interessava o non potevo oppure sentivo che proprio era un mondo che non mi apparteneva. Non avevo il carattere giusto.

A posteriori, hai qualche rimpianto?

Assolutamente no! (ride)

E rispetto agli studi di regia? Perché hai deciso di mollare il colpo?

In realtà non ho mai pensato che la strada della recitazione potesse escludere l'altra. Dopo il diploma ho fatto anche un cortometraggio e dei documentari. Solo che la recitazione ha dei tempi un po' più stretti. Non ha molto senso fare la regista e poi, a un certo punto, a cinquant'anni, decidere di fare l'attore. Oddio, è anche una possibilità, però forse è più facile portare avanti i due percorsi in questo modo, facendo l'attrice, con il sogno di riprendere in mano la regia in un secondo momento. Forse diventa anche più facile farsi ascoltare, piuttosto che fare una gavetta lunghissima da regista, come molti miei compagni che hanno studiato regia e che sono ancora alle prese con ruoli da primo, secondo, terzo, quarto, quinto assistente. Sono scelte forti.

Che cosa ti hanno lasciato a livello personale MTV e All Music? E secondo te, perché queste due emittenti che all'epoca erano così all'avanguardia, a un certo punto non hanno più saputo stare al passo coi tempi?

Non so se non abbiano saputo reggere, ma il cambiamento è stato talmente forte e la fruizione della musica è diventata talmente altro che anche il modo di distribuire la musica per immagini è cambiato. Ai miei tempi il legame tra case discografiche ed emittenti musicali era strettissimo. Attraverso le immagini suggerivano quali fossero le band del momento da ascoltare. Oggi non so davvero come funzioni, però mi sembra che una band che voglia farsi notare abbia a disposizione più strumenti di una volta.

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Che ricordo hai della campagna Luna Code fatta nel 2011 con Giorgio Armani in collaborazione con Purple e dei tre cortometraggi fatti per l'occasione con Olivier Zahm?

Conobbi Olivier a Parigi durante la settimana della moda. Siccome era da poco che veniva pubblicato quel tipo di progetti editoriali con le case di moda, penso che lui fosse stato ingaggiato per curare la regia del primo cortometraggio che era ispirato a Olga Carrè. Con Emporio se non ricordo male. Quel che accadde poi fu che Giorgio Armani, che all'epoca, e penso anche adesso, supervisionava tutto, vide quel quel cortometraggio e volle incontrarmi. Durante quell'incontro capii che non era finita lì, che era veramente molto interessato a me, alla mia storia, al mio percorso, a quello che stavo facendo, compreso il corto fatto da Zahm per Emporio. Tempo qualche mese e mi presero per la campagna di Luna. Nell'ordine, i corti sono stati Olga, Alice e Valeria.

Nel 2016 hai preso parte anche al progetto Notte in villa firmato da Nicolas Winding Refn.

Un'esperienza abbastanza estrema (ride). Noi attrici non sapevamo niente, per quanto tempo avremmo posato, chi sarebbe stata in copertina e chi no. Gli uffici stampa sono letteralmente impazziti. Le attrici andavano sul set e stavano fino anche a 10 ore senza far niente perché lui, Nicolas, aveva delle tracce, ma poi si faceva rapire dalle emozioni, dalle location, e finiva per scattare in ordine sparso. Ogni tanto sceglieva un'attrice e la faceva salire, di notte, su un albero in modo che si vedesse solo il piede (ride). Personalmente sono stata molto fortunata perché sua moglie, non so se si fosse affezionata a me o al mio vestito, sta di fatto che le sono piaciuta moltissimo e continuava a segnalarmi a Nicolas. Mi ha scattato un bellissimo portrait in cui sbrodolo sangue, molto The Neon Demon.

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E poi hai partecipato alla serie Sense8 delle sorelle Wachowski.

Ci sono arrivata per gradi, dopo una selezione durata quasi tre mesi. Dopo che mi hanno scelta sono stata mandata a Berlino per un mese e mezzo a studiare arti marziali. Ho partecipato a tutta la seconda stagione e al finale, con questo personaggio da villain, il cui nome, Lila, è ispirato proprio all'omonimo personaggio dell'Amica geniale di cui Lana Wachowski si era perdutamente innamorata. È stata un'esperienza molto forte. Non mi era mai capitato di vedere nulla di simile, e dubito che mi ricapiterà, in quanto a forze in gioco, energie, budget, creatività, e l'arte che Lana emana in tutto quello che dice e fa.

Lei e sua sorella Lilly come lavorano insieme?

Io sono arrivata con la seconda stagione e in quel momento Lilly stava facendo la sua transizione, quindi non ho mai avuto il piacere di conoscerla. So da tutti i ragazzi della prima stagione che è una bravissima regista, ma da quel che so hanno deciso di non lavorare più insieme. Lana è sempre stata la più creativa delle due, mentre Lilly quella che la conteneva, indirizzandola verso scelte un po' più pratiche e razionali. Quindi adesso non so che succederà.

Ti imbarazza spogliarti davanti alla macchina da presa come è successo con Sense8?

Non mi era mai successo di recitare nuda, a parte con la moda o nel caso di uno dei cortometraggi di Armani. Però, per quanto non sia molto rilevante, in Sense8 non sono mai veramente nuda. In poche parole sono ricostruita. Indossavo uno slip. Però la questione non è se avessi lo slip o meno, ma che non ero abituata. Come esperienza, penso che se mi avessero detto di fare una performance nuda in un museo davanti a diecimila persone, sarei stata meno a disagio. Anche se il personaggio, in quel momento, ti salva, perché chiaramente non sei tu, non è per niente facile recitare in inglese, nudi, di notte, con una fretta e un freddo incredibili. Però fa parte del nostro lavoro e ogni volta alzi sempre di più l'asticella. Ti dici, anche questo lo posso fare. Next? (ride)

Che effetto ti ha fatto, come attrice, ricevere il Premio L'Oréal Paris al Festival di Venezia?

È un premio che viene dato alle debuttanti. È un portafortuna. Chiaramente fa piacere ricevere un premio del genere perché sottolinea il tuo debutto negli anni in cui stai venendo fuori. È un bellissimo quadrifoglio. I premi, però, non hanno un valore assoluto. Non è il mio caso, ma a volte vengono dati al momento giusto, altre volte, purtroppo, vengono assegnati tanti anni dopo o addirittura mai.

Cosa ricordi della tua partecipazione al Festival di Sanremo nel 2013?

Ricordo un tenero Fazio che mi viene a dare una mano perché avevo un vestito troppo lungo e quell'anno c'era una scala tremenda. Fazio l'ho rivisto qualche anno dopo per quello show molto carino, Rischiatuttto. E poi mi ricordo quell'emozione nel discendere quelle scale, il pubblico e l'Ariston, che è sempre molto più piccolo di quello che uno si immagina, ma fa sempre un po' paura.

Dei film che hai fatto finora, al di là dei due usciti quest'anno, ce n'è uno a cui sei particolarmente affezionata?

Sicuramente Happy Family, per una serie di motivi. Perché è stato il mio primo film da protagonista, perché c'è la mia Milano, perché Gabriele mi ha scoperta, coccolata e iniziata. Perché c'è Diego Abatantuono, a cui voglio molto bene e che stimo molto. E perché ho il ricordo di una bellissima estate.

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